3d digital production

THE WAY OF SUCCESS: intervista a Vincenzo de Cesari

Per la rubrica THE WAY OF SUCCESS, incontriamo Vincenzo De Cesaris ex studente di Rainbow Academy e oggi Animatore in Rockstar, una delle più grandi aziende di videogiochi al mondo.

Scopri di più from THE WAY OF SUCCESS: intervista a Vincenzo de Cesari

19 Ottobre 2020

 

 

Per la rubrica THE WAY OF SUCCESS, incontriamo Vincenzo De Cesaris ex studente di Rainbow Academy e oggi Animatore in Rockstar, una delle più grandi aziende di videogiochi al mondo. 

Ciao Vincenzo,

iniziamo parlando del tuo percorso e di come ci siamo conosciuti. Eravamo nella più grande fiera del settore al Lucca Comics and Games e tu hai vinto un contest con un Joker fantastico fatto in 8 minuti, ti ricordi?

Ciao a tutti! Cavoli, sembra passato un secolo… Ero a Lucca con il mio editore e stavamo presentando una nuova raccolta di storie da firme emergenti (all’epoca ero attivo principalmente nel fumetto e nell’illustrazione). La tentazione di armeggiare con le Cintiq dello stand Rainbow era troppo forte, così decisi di provare, ma mai mi sarei aspettato di aggiudicarmi il contest! Dopo una lunga chiacchierata con Francesco Mastrofini, CEO di Rainbow CGI, fui definitivamente conquistato e da lì l’iscrizione ad Academy diventò un chiodo fisso, finché non riuscii ad entrare nella classe 6.

La tua carriera è iniziata con Il fumetto e l’illustrazione, poi l’esperienza nell’animazione full cg ed il salto all’estero per iniziare la carriera nel mondo dei videogames, la tua grandissima passione. Un susseguirsi di emozioni non è vero?

Un bel rush di adrenalina! sembra successo tutto così in fretta, in effetti… dopo l’esperienza di Academy e quella in Rainbow CGI come generalist mi sono ritrovato catapultato ad Amburgo, in Germania, come animatore di un titolo RPG mobile per Goodgames Studios. Finito il contratto, e dopo aver aggiornato la showreel, ricevo un’email da Rockstar North per una posizione aperta… era la classica offerta che non si può rifiutare.

L’amore per il fumetto lo porto dietro praticamente da sempre, e tutte le cose imparate in quel campo sono tornate molto utili in seguito. Mi piace pensare che ci siano nozioni universali in comune a tutti i medium fortemente visuali: composizione, staging, ritmo, l’interpretazione dei personaggi e in generale il linguaggio e le regole dello storytelling per immagini. Invece quello per i videogames è “sbocciato” un pò più tardi ma con un impatto devastante: dopo aver provato Half-Life di Valve e Shadowman di Acclaim per me è cambiato tutto. Da quel momento ho passato anni ad accumulare quante più informazioni possibili su come si crea un gioco e sono anche riuscito ad ammucchiare una serie più o meno lunga di (maldestri) esperimenti e tech demo. Ripescarli oggi dall’hard-disc fa tenerezza, ma sono serviti allo scopo.

Al momento lavori per una delle aziende più importanti di Videogames al mondo, come ci si sente?

È  stata ed è una bella soddisfazione e una grande emozione. Rockstar è un team enorme, pieno di grandissimi talenti da cui imparare e la sede scozzese è uno dei fulcri nevralgici del processo di sviluppo: Si sperimentano tecniche e workflow sempre nuovi per affrontare sfide sempre più impegnative.

In molti non conoscono la particolarità della specializzazione in Animazione per Videogames, cosa c’è di differente rispetto a quella utilizzata per la full cg?

I punti in comune sono molti, sia che si animi in keyframes o utilizzando la motion capture: una delle cose affascinanti dell’animazione è proprio l’universalità dei suoi concetti di base, che valgono sia in cg real-time che nella tecnica tradizionale in 2D. La grandissima differenza in un videogame è sicuramente il giocatore. Ogni scelta artistica ed ogni decisione viene presa in base all’impatto sul gameplay: fluidità, tempi di risposta, il giusto ritmo e leggibilità… tutto dev’essere adattato e ritagliato per dare al giocatore l’esperienza più gradevole e meno frustrante possibile. Spesso e volentieri può succedere di avere in editor qualcosa che sembri completamente sballato, ma che una volta testato in gioco funziona alla perfezione!

 

Qual è a tuo parere, la difficoltà che riscontra più frequentemente un animatore e le differenze, se ce ne sono, con gli altri reparti?

Nel caso dello sviluppo di un gioco, un punto cruciale è la collaborazione con i designer: le idee vanno e vengono, e rimbalzano da un dipartimento all’altro finché una feature non è messa a punto, perfezionata e “shippata”.
È di vitale importanza, nel processo, saper comunicare bene le tue idee ed essere diplomatico quando serve, perché può accadere che il confronto non sia sempre tutto rose e fiori.
Ricordo un caso in particolare: nel team di Amburgo, accadde di avere una riunione per decidere se i personaggi del nostro titolo mobile avessero o no bisogno di animazioni per correre sul campo da gioco. Uno dei designer propose semplicemente di velocizzare le animazioni della camminata. Era perfettamente logico per lui: camminare + velocità = correre. Io, la mia collega Paula e il mio lead, Jay (tostissimo veterano ex-Blizzard) ci guardammo per dei secondi interminabili, poi afferrammo un notebook e facemmo partire uno spezzone del Benny Hill Show per dimostrare la nostra tesi. Fu piuttosto divertente.

 

A tuo parere un Animatore per videogames quali caratteristiche deve avere, a livello artistico e tecnico?

Oltre al bagaglio di nozioni base comune a tutti gli animatori, cercare di allenare l’occhio a riconoscere la performance giusta e il linguaggio del corpo può fare la differenza, specialmente se si lavora con la motion capture, com’è il caso di gran parte dei titoli tripla A di oggi. Lo scrittore Ed Hooks sostiene, fra i precetti fondamentali della recitazione, che un processo mentale porta solo ad una conclusione ed è l’emozione che porta all’azione. Ecco perché, quando si dirige un attore in uno shot, si cerca sempre di dare istruzioni che possano aiutare ad evocare anche un mood o uno stato emotivo, cercando di spingere sempre sulla sincerità della performance.

Di sicuro, poi, aiuta avere una conoscenza di come il lavoro di design e di coding si configuri nel processo creativo, proprio perché è così importante la sinergia con i programmatori. In un team di medie o grandi dimensioni è opinione comune che non sia necessaria una conoscenza approfondita di tutte le fasi di lavorazione, ma avere un’infarinatura di tutti gli aspetti della pipeline aiuta ad ottimizzare il lavoro e a prevedere e prevenire i problemi che potrebbero presentarsi in seguito: questo in definitiva rende la vita più facile a chi viene sia prima che dopo nella filiera produttiva.

C’è un artista a cui ti ispiri o ti sei ispirato in questi anni?

Domanda durissima, visto che ce ne sono così tanti. Quando lavoravo sulle storie a fumetti, giganti come Jack Kirby, Frank Miller o Mark Bagley erano la mia ispirazione costante. Stessa cosa per mostri sacri come Chuck Jones, Eric Goldberg e Milt Kahl. Oggi fra gli illustratori adoro Dave Rapoza, e ogni volta che Pascal Blanchè posta un suo lavoro o Stephen Vyas pubblica uno dei suoi loop di lotta resto come ipnotizzato a guardarli.

 

Quali sono gli ultimi progetti a cui hai lavorato, quello che ti ha dato maggiori soddisfazioni e quali i futuri se si possono citare?

Ho avuto la fortuna di essere coinvolto durante l’ultimo anno di sviluppo di Red Dead Redemption 2, un’epica western sconfinata ed enormemente complessa che era già mozzafiato quando provai la build per la prima volta. Al momento dell’uscita, vedere le reazioni entusiaste dei giocatori da ogni angolo del globo è stata forse una delle cose più surreali che mi sia mai successa. Fu una grande, grandissima soddisfazione per tutto il team.
Il prossimo titolo su cui stiamo lavorando è ancora top secret, ma siamo tutti molto eccitati e non vediamo l’ora di poter condividere più dettagli quando sarà il momento!

Se potessi mandare un messaggio a  tutti quei ragazzi che volessero avvicinarsi a questa professione, cosa consigli e cosa invece non raccomandi?

Non forzatevi fin dal principio a scegliere su cosa focalizzarvi, cercate piuttosto di essere curiosi, fluidi ed aperti e di imparare più che potete da ogni singola cosa che vi affascini. Cercate di capire come è stato girato un film che vi ha scosso, come è stata dipinta una tela che vi ha stregato o come è stato composto un pezzo musicale che vi ha emozionato. Tutti gli stimoli diversi del vostro motore creativo si nutrono, arricchiscono e collegano a vicenda in una catena ininterrotta che alimenta costantemente la vostra voglia di fare. C’è sempre tempo per specializzarsi in qualcosa che ha una particolare risonanza con voi, ma non privatevi della possibilità di capire esattamente e sinceramente cosa.

Scegli una frase che secondo te potrebbe essere utile a tutti quei ragazzi che volessero intraprendere questa carriera.

Il mio ex Lead, Jay, canticchiava sempre (e non senza una punta di sadismo) le strofe di una canzone di Steely Dan: “You go back, Jack, do it again…”. Per lui rappresentava quanto fosse importante fare tabula rasa e ripartire da zero senza pensarci troppo quando le cose non funzionano come vorresti. Direi che come regola generale non è male… e poi è una gran bella canzone!

Grazie Vinz e torna a trovarci presto!